Vito Riviello, l’assurdo e il familiare – astuzie della realtà

Vito Riviello fotografato da Dino Ignani

[…]
La vita è feroce, la poesia blanda.

da La parola di pietra in Plurime scissioni

Poesia scomposta e dissociata di chiara e palese ispirazione dada dove il neodadaismo non è tanto nella ripresa d’una concezione estetica tout court quanto nella scomposizione e dissociazione degli sguardi messi in campo (un certame comunque dialettico), degli elementi di realtà che tramano dietro il nonsense un senso assolutamente impertinente: uno sberleffo della poesia a se stessa. In questi testi, diffrazioni apparentemente pindariche si articolano ad ordire un senso-contro-senso, aderente comunque ad una precisa visione della realtà esistenziale e soprattutto sociale (il Sud).
In seguito, col passar del tempo, la volontà di disorientare continuamente il lettore creando cortocircuiti di realtà viene meno e si fa maggiore spazio un’ironia ilare e giocosa, alle volte un poco sardonica.
Tuttavia, l’elemento peculiare di Riviello rispetto alla poesia giocosa novecentesca è il comico: non si tratta di una mera dimensione ludica di tipo onirico sperimentale e psicanalitico come in Scialoja (o anche Gianni Toti, ad ulteriore esempio) ma di vera e propria satira dove l’elemento marxista, che appartiene alla sua profonda formazione culturale, fa sempre e comunque capolino.
Una grande figura di outsider, un grande poeta.

Roberto Nespola

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[Alcune poesie da Vito Riviello, Tutte le poesie – Sapienza Università Editrice, Roma 2019]

Siamo stati tangibili più che mai
non abbiamo mai preso per naso
la buona fede di San Tommaso.
Abbiamo costruito Manhattan
con le nostre mani, ci siamo tolti
dai guai come un paio di guanti
dalle mani. Un giorno un boss
che passava vide un emigrante
che per fame masticava il digiuno,
il boss inventò la gomma americana.
Ecco che passa il mare tra il dire
e il fare. Allora bisogna osservare.
E andammo a vedere una campagna ridente,
fiori che parevano dipinti, voli
di rondini ai trapezi persiani,
non v’era dubbio la campagna rideva.

Campagna ridens in Assurdo e familiare

§

Un tempo, come nel rugby, v’erano le mete.
Quasi tutti avevano una meta davanti
i meno abbienti la metà.
Ai poveri si disegnavano le diete,
per amore e pietà,
ch’erano mete fatte col miele.
V’erano anche metà mete
e metà della metà
che davano lo stesso vanità,
una vantata oscenità
ti spingeva nudo alla meta.
Meta dopo meta si giungeva all’ultima
meta la dimora finale
in cui l’uomo appendeva
la meta-fora al muro tombale.

La meta in Assurdo e familiare

§

Quante volte mi vado cercando
passandomi accanto supponendo
che gli altri avanti sono io
e invece sono altri in cerca
di se stessi da cui son scissi.
Perché se l’angelo mi regge
ovunque mi sento abbandonato?
Può anche essere che uno di me
sia custodito e retto
ma gli altri di me ignorano
e s’ignorano ignorandosi se
com’è vero ch’io son scisso
in infiniti me solo da me.
Ma l’angelo li tiene tutti per sé?

Angelo custode in Apparizioni

§

Blocchi di sonno sciolti
da macigni di sogno
pensieri in pensione
sotto forme di emozioni
tentano la distinzione
strutturale delle loro
posizioni, dislocate
o emigrate, situate
in insonnia emulsionata
distillata da sproporzioni
tra distanze e vicinanze.
Io sprofondato in poltrona
sarei l’autore
della Pennichella d’estate.

Muretti ciclopici in Scala condominiale

§

E proprio la notte attendiamo
l’arrivo della notte,
noi la vogliamo dentro
nel suo nome di solenne buio
per poterla scrutare
e sentire quel suono di nero
che crediamo venuto dalle stelle.

Otra noche in Livelli di coincidenza