Thomas Bernhard, La Fornace

Un beckettiano gioco al massacro di esistenze alla fine, arrancanti in se stesse. Un rapporto coniugale divenuto, ormai, un intimo palcoscenico dell’assurdo – sempre più sadico. Un gioco al massacro tra moglie e marito, sì, ma anche tra singolo e società.
E, poi, la magnifica prosa di Bernhard: il ritmo cadenzato e vorticoso d’un discorrere estenuante che sempre torna ossessivamente su se stesso, che riecheggia di voce in voce, di si dice in si dice. Niente dei protagonisti infatti è raccontato in maniera diretta ma tutto viene convogliato in un flusso di voci, di testimonianze e di dialoghi (forse anche di pettegolezzi). I coniugi Konrad esistono, nel romanzo, solo come riflesso di parole altre, di pensieri altri; di sguardi altrui. Solo il fatto di sangue esiste inconfutabilmente. Per il resto la trama è tutto un vociferare di compaesani.
Si può dire che nella fredda e tetra fornace in cui si sono rinchiusi i due protagonisti fantasma della vicenda, come in un’infinita cassa armonica dell’alienazione, rimbomba orribilmente la sordità d’un ascolto che si estranea sempre più dalla realtà.

Dopo questa lettura mi vien da dire che siamo quello che non possiamo esprimere, siamo il capolavoro che teniamo ermeticamente chiuso in noi e di cui nessuno possiede la chiave di accesso (nemmeno noi stessi); quel capolavoro che ci fa funamboli sospesi tra genio e demenza.

Roberto Nespola

Ecco alcuni stralci alla rinfusa


Le parole rovinano il pensiero, la carta lo rende ridicolo, e mentre ci si accontenterebbe di mettere sulla carta anche qualcosa di rovinato e di ridicolo, la memoria si lascia scappare persino questo qualcosa di rovinato e di ridicolo. La carta trasforma una cosa straordinaria in una cosa priva d’importanza, in una ridicolaggine – diceva Konrad. Visto così, tutto ciò che appare al mondo — o meglio al mondo attraverso il mondo dello spirito — è per così dire sempre solo qualcosa di rovinato, qualcosa di ridicolo e dunque al mondo tutto è soltanto ridicolo e rovinato. Le parole son fatte apposta per svilire il pensiero, anzi lui arrivava al punto di dire che le parole son fatte apposta per abolire il pensiero e che un giorno ci riusciranno al cento per cento.


[…] non svolgo alcuna funzione, meno che mai una funzione comunale, lui odiava la sola parola funzionario, nulla odiava più profondamente della parola funzionario che gli ripugnava soltanto a sentirla pronunciare, ma a dire il vero — avrebbe detto Konrad — dato che odiava gli uomini era naturale che odiasse anche i funzionari, tanto più che oggi ogni uomo è un funzionario, tutti sono funzionari, tutti funzionano, non ci sono più uomini ormai, Wieser, soltanto funzionari, per questo non posso più soffrire la parola funzionario, la parola funzionario mi dà il voltastomaco, […].


[…]: un punto finale diventa il punto iniziale per un punto finale successivo e così via — avrebbe detto Konrad all’assessore, racconta Wieser. Ma tutto in realtà è molto più complicato perché in fondo è molto più semplice di quanto si creda ed è per questo che non si riesce mai a spiegar nulla. E anche il cosiddetto metodo delle approssimazioni successive non conduce a nulla. Ma non è possibile esprimersi se non attraverso la totalità del prodotto del proprio spirito.


Ogni volta che incominciava a dar spiegazioni, subito si accorgeva che era pura assurdità. Ogni spiegazione conduce a conclusioni completamente sbagliate, il male è tutto lì, che si spiega sempre tutto e in ogni caso sempre nel modo sbagliato e che i risultati di ogni spiegazione sono sempre conclusioni sbagliate.


La caratteristica saliente di quest’epoca è che oggi i pensatori non pensano più. È tutto un esercito di manovali della scienza e della storia che tra poco sarà composto da milioni di uomini. Ma a dire una cosa del genere si corre il rischio di esser dichiarati matti. La chiaro-veggenza come la chiaro-audienza vengon subito bollate come pazzia. Oggi non si ha bisogno di chiaro-audienti così come non si ha bisogno di chiaro-veggenti, uno che ci vede chiaro o che ci sente chiaro non lo vuole nessuno e vien subito tolto di mezzo, lo si rinchiude lo si isola lo si annienta con la reclusione e con l’isolamento. La società non smette mai di difendersi dalle folgorazioni della mente, non smettendo mai di difendersi dai cosiddetti malati di mente. Alla società piace soltanto l’inerte sonnolenza del pensiero, null’altro. La gente vuol esser lasciata in pace e non c’è nulla che abbia in odio più profondamente dell’udito e del cervello. Il suo ideale sarebbe la massa totalmente priva di udito e di cervello e così la società prende a fucilate uditi e cervelli ovunque appaiano, ecco un cervello — si dice — e parte un colpo, ecco un udito — si dice — e parte un colpo. L’umanità da quando esiste non fa che condurre una campagna massiccia e sempre più costosa contro l’udito e il cervello, tutto il resto è menzogna. Lo dimostra il corso della storia, che all’udito e al cervello vien sempre data una caccia mortale. Ovunque si guardi, morte all’udito e al cervello — avrebbe detto Konrad a Wieser. Dove ci sono udito e cervello c’è l’odio. Dove c’è un udito, c’è una congiura contro l’udito; dove c’è un cervello, c’è una congiura contro il cervello. Tutto il resto è menzogna. In Europa si proteggono gli uccelli in estinzione — avrebbe detto Konrad — i cervelli in estinzione e l’udito in estinzione non li protegge nessuno.! Ma tutte queste osservazioni sono ridicole, così com’è assolutamente ridicola qualsiasi cosa si esprima – avrebbe detto Konrad —, si esprime qualcosa — avrebbe detto — e ci si rende ridicoli, qualunque cosa si dica, ci si rende ridicoli, qualunque cosa si legga è ridicola, qualunque cosa si ascolti è ridicola, qualunque cosa si creda è ridicola. Si apre bocca e ne esce qualcosa di ridicolo, di ridicolo in quanto penoso, di penoso in quanto ridicolo.


Forse tutto sta nel trovare il momento, come in ogni cosa tutto sta nel trovare il momento. Da mesi, da anni, in fondo da interi decenni, lui aspettava quel momento, ma poiché lo aspettava, quel momento non veniva mai. E benché tutto ciò gli fosse completamente chiaro, continuava ugualmente ad aspettare quel momento, perché anche quando non sto aspettando quel momento — avrebbe detto Konrad a Fro — io in realtà sto aspettando quel momento, lo sto sempre aspettando, sia che lo aspetti sia che non lo aspetti, con un dispendio di energie ancora maggiore, questa, probabilmente, era la sua disgrazia.


[…] così ovunque si vada e ovunque ci si guardi attorno, s’incontrano soltanto imbrattatori, una società di imbrattatori composta ormai da milioni e più esattamente da miliardi di imbrattatori tutti all’opera, una cosa che sconvolge chi si lascia sconvolgere, ma l’uomo non si lascia assolutamente più sconvolgere, è proprio questa la caratteristica dell’uomo d’oggi di non lasciarsi assolutamente più sconvolgere da nulla. L’uomo invece di lasciarsi sconvolgere è diventato ipocrita, la cosa più sconvolgente è l’ipocrisia, i grandi sconvolgitori dell’animo umano, per esempio, non son altro che ipocriti ancor più grandi. E dato che ormai abbiamo a che fare soltanto con imbrattatori, anche il mondo è un mondo in tutto e per tutto imbrattato.


[…] lui disprezzava i cacciatori come disprezzava la caccia, tutti i suoi antenati erano stati cacciatori, gente dei boschi, tutta la vita non avevano avuto in testa altro che la caccia e un cacciatore è sempre una persona stupida, un cacciatore è sempre in ogni caso uno stupido che va a caccia.

Thomas Bernhard, La fornace
(traduzione di Magda Olivetti per Einaudi)