Self-portrait in a convex mirror di John Ashbery

Parmigianino, Autoritratto entro uno specchio convesso (1524)

John Ashbery
Autoritratto entro uno specchio convesso
(Self-portrait in a convex mirror)
(traduzione di Damiano Abeni)

da Sheherazade

[…] Siamo noi a creare questa
giungla e a chiamarla spazio, dando nome a ogni radice,
ogni serpente, per come suona il nome
quando tinnisce ottuso contro il nostro piacere,
[…].


[…] It is we who make this
Jungle and call it space, naming each root,
Each serpent, for the sound of the name
As it clinks dully against our pleasure,
[…]

§

Come uno buttato ubriaco sul battello postale (As One Put Drunk into the Packet-boat), vv.28-30

La prevalenza di quei fiocchi grigi che cadono?
È pulviscolo di sole. Hai dormito al sole
più della sfinge, ma non ne sai più di prima.


The prevalence of those gray flakes falling?
They are sun motes. You have slept in the sun
Longer than the sphinx, and are none the wiser for it.

§

da Self-portrait in a convex mirror, vv.34-50

[…] L’anima deve restare dov’è,
per quanto inquieta, a sentire la pioggia sul vetro,
il sospiro delle foglie autunnali sferzate dal vento,
e bramare d’essere libera, all’aperto, ma deve restare
in posa, in questo posto. Deve muoversi
il meno possibile. Questo dice il ritratto.
Ma in quello sguardo c’è un misto
di tenerezza, divertimento e rimpianto, tanto possente
nel suo autocontrollo, che non lo si può guardare a lungo.
Il segreto è troppo ovvio. La pena che ci suscita brucia,
fa sgorgare lacrime ardenti: che l’anima non è un’anima,
non ha segreti, è piccola, e colma
il proprio vuoto alla perfezione: la sua stanza, il nostro istante d’attenzione.
Quella è la melodia, ma senza parola alcuna.
Le parole sono solo speculazioni
(dal latino speculum, specchio):
cercano senza poterlo trovare il senso della musica.


[…] The soul has to stay where it is,
Even though restless, hearing raindrops at the pane,
The sighing of autumn leaves thrashed by the wind,
Longing to be free, outside, but it must stay
Posing in this place. It must move
As little as possible. This is what the portrait says.
But there is in that gaze a combination
Of tenderness, amusement and regret, so powerful
In its restraint that one cannot look for long.
The secret is too plain. The pity of it smarts,
Makes hot tears spurt: that the soul is not a soul,
Has no secret, is small, and it fits
Its hollow perfectly: its room, our moment of attention.
That is the tune but there are no words.
The words are only speculation
(From the Latin speculum, mirror):
They seek and cannot find the meaning of the music.


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Molto interessante questo poeta e questo libro.
Un rimuginare tutte le immagini e le idee che affiorano alla percezione in una frantumazione agglutinante del dis-corso, del linguaggio. Attraversamenti continui, i versi rimangono in una perpetua liminalità; un viaggiare c’è ma è quello delle parole ai confini di se stesse, al confine tra immagine e idea (εἶδος e εἰδέα).
Immagini di voce, i versi si fanno proteiformi alla ricerca di una qualche consistenza vocale, della grana d’una voce invisibile e inaudibile, in un movimento asintotico continuo.

Roberto Nespola