Realtà, parola e logos nel teatro di Pasolini. Un appunto.

Ho sempre ritenuto il carattere difettivo dell’espressione pasoliniana un affascinante punto di forza ed è proprio nel teatro che questo aspetto acquista maggior carisma.
Ogni opera di Pasolini s’inscrive in un movimento ellittico ed eccentrico che si traccia attorno ad un vuoto e questo vuoto non è altro che una domanda di realtà.
Intendo dire con ciò che in Pasolini la realtà è relazione, produzione di significato attraverso il confronto: è un’indagine razionale sui fenomeni del mondo atta a produrre senso, a riconoscersi in una certa verità. Seppur si tiene necessariamente fuori dall’identità, dall’A=A, comunque, è ad essa che la realtà si conforma ma facendo ciò, la realtà si altera. Realtà e verità si alterano a vicenda, ognuna nell’altra si fa altro.
Costruendo un percorso che forse diverge dal pensiero propriamente pasoliniano, mi verrebbe di pensare che senza dubbio ogni cosa è sé stessa ed è cioè in un rapporto di identità con sé stessa ma lo è, appunto, solo in sé, noumenicamente parlando. Dal punto di vista fenomenico invece, dal punto di vista di uno sguardo che si pone al di fuori di questa identità, dal punto di vista dell’alterità insomma, ogni cosa è rappresentazione.
Posto che questa “autoidentità” si ponga al di fuori dei sensi poiché ogni percezione presuppone uno sdoppiamento oggetto- soggetto, la ricerca di realtà e di verità nella realtà è un tentativo di proiettare al di fuori la nostra integrità d’essere per riconoscerla e comprenderla anche in ciò che è altro da noi.
Pasolini parte senz’altro da una mancanza, da una domanda che prende carne in un’espressione. Ciò che è peculiare del teatro pasoliniano è il confronto tra la fatticità del corpo nella sua presenza fisica, anche se per certi versi fittizia, e la domanda di realtà espressa dalle parole- da parole che cercano un corpo attraverso il quale essere crocefisse, attraverso il quale sanguinare.
Neanche il cinema riesce a fare ciò poiché in esso si concentrano solo fenomeni di fenomeni, ossia, riproduzioni fantasmatiche di presenze fenomeniche. L’ideale sarebbe riportare sulla scena la presenza fisica di corpi e luoghi. Per ora il teatro riesce a fare ciò soltanto con il corpo, quello d’un attore che si fa medium d’identità e di certo non è poco.

Roberto Nespola

Pasolini durante le prove di Orgia (1968)

Una risposta a “Realtà, parola e logos nel teatro di Pasolini. Un appunto.”

  1. Sarò sincero: non ho mai avuto l’occasione di leggere il Teatro di Pasolini:
    comunque, mi fido ciecamente delle tue deduzioni!

    PRIMO COLASANTI

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