“Parole scritte su domande” – La voce sul buio di Primo Colasanti

Labbra senza bocca, piedi ciechi… il corpo irretito e irretente, perso nella ricerca tormentosa d’una fenice, si smembra surrealisticamente nel binomio di scrittura e suicidio: l’oggetto è il destino; un giro di vite come stelo d’ogni immagine -e come stele-.
Si tratta, dunque, d’un’agitata rassegnazione, pur sempre oppositiva, una buia stasi tra oblio e compromesso. Si tratta d’un offrirsi pienamente dell’io poetico a una vita che si nega e gli si nega. La natura di questa negazione non è però totalmente negativa (da qui la predilezione per l’ossimoro): e nella volontà del poeta, della sua morale sognante, e, soprattutto, nella sacralità di tutto ciò che è creato. Da qui, dunque, anche l’ambivalenza nei confronti di tutto ciò che è paterno (la legge dell’essere nati). Anzi, direi proprio che riuscendo ad entrare pienamente nel negativo, la poesia di Colasanti riesce sempre a ribaltare i giochi e a sparigliare le carte, a mostrare, cioè, un positivo che, senza questo attraversamento, non sarebbe mai potuto essere detto: un positivo che non ha immagine ma solo un sentire interstiziale; non ha immagine in quanto divino. Il poeta tiene allora, le mani sospese tra preghiera e azione e si affida alle sue maschere sincere, all’indicibile del dirsi.

 

Roberto Nespola

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Dopo il sogno, la fresca campagna.
Prima, la preghiera sui piedi ciechi!
Il lenzuolo intatto, per tutto il sangue sentito:
luogo di labbra senza bocca…

 

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Dove s’è nascosto
il cristallo della mia angoscia?
Assonnato, in un dolce castigo,
odo l’inizio e fine del tempo
col vento negli occhi sani!
E le foto sono steli, adulti steli che pensano.
E, nel sorriso, cercano di sparire!

 

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Eh sì, stare fuori dal corpo,
osservando un padre col proprio figlio
nel giorno della bicicletta: sapersi assassini o bambini?

  

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Col vino rosso sul petto
incontro il vento della piazzuola
senza nome.
Notte di paese morto.
Ah, casa lontana, il mio sonno
non dormirà!
Quest’alba canterà la bella polvere
del mio sofà.

 

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La musica era attaccata al viso …
Dopo gli occhi, il mare divenne tondo,
poi geometrico grido
dentro ad un cavallo in corsa …

 

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Palpebre di colla.
Semicerchio di pelle.
Il viso paonazzo
si sente un dio mortale!

 

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Un urlo: ma nessun dolore s’è svegliato!
La finestra di fronte brucia di indifferenza …
È illuminata e mezza.
Rotola il rumore di una realtà senza viso!

 

Primo Colasanti, Poesie da “Sogno della morale o La Voce sul Buio”

Falerii Novi (Viterbo), aprile 2017
(foto di Roberto Nespola)