Omaggio a Reverdy


Pierre Reverdy (Narbona, 11 settembre 1889 – Solesmes, 17 giugno 1960) )
 


Tardi nella vita

Sono duro
Sono tenero
E ho perduto il mio tempo
A sognare senza dormire
A dormire camminando
Dovunque son passato
Ho trovato la mia assenza
Non sono da nessuna parte
Ad eccezione del nulla
Ma porto nascosto più in su delle viscere
Là dove il fulmine ha colpito troppo spesso
Un cuore nel quale ogni parola ha lasciato il suo taglio
E dove la mia vita sgocciola al minimo movimento

 

***

Segreto (1918)

Vuota campana
Uccelli senza vita
Nella casa dove tutti dormono
Sono le nove

Il mondo ancora si regge
Sembra che qualcuno sia morto
Gli alberi guardano e sembrano come sorridere
Una goccia d’acqua ciondola da ogni foglia
Una nube attraversala notte

Dietro una porta un uomo canta

E la finestra s’apre senza un rumore

 

***

Altra misura

Il mondo m’è prigione
Se son lontano da ciò che amo
Voi non siete così lontane sbarre dell’orizzonte
L’amore la libertà nel cielo così vuoto
Sulla terra screpolata di dolori
Un viso rischiara e riscalda le durezze
Che facevano parte della morte
A partire da questo sembiante
Da questi gesti da questa voce
Son solo io che parlo
È solo il mio cuore a battere e a ragionare
Uno schermo di fuoco tenera abat-jour
Di tra le mura familiari della notte
Cerchio magico di false solitudini
Fascio di riflessi luminosi
Rimpianti
Tutti questi cocci di tempo crepitano nel focolare
Ancora un intento che si strappa
Un atto che manca all’appello
Resta poco da prendere
Ad un uomo incontro alla morte

 

***

A doppio giro

sono così lontano dalle voci
Dai rumori della festa
Il mulino di schiuma gira al contrario
Il singhiozzo delle sorgenti s’arresta
L’ora è scivolata faticosamente
Sulle immense spiagge di luna
E nello spazio tiepido stretto senza crepe
dormo con la testa sul gomito
Sul placido deserto del cerchio del lume
Tempo terribile tempo disumano
Gettato su marciapiedi di fango
Lontano dal limpido circo che s’incrina di vetri
Lontano dal canto decantato figlio della pigrizia
Nell’aspra mischia di riti tra i denti
Un dolore scolorito che trema di fronte alle tue radici
preferisco la morte l’oblio la dignità
sono sempre così lontano quando conto tutto ciò che amo

 

***

Qualcuno è appena partito
Nella stanza
Resta un sospiro
La vita deserta
La strada
E la finestra aperta
Un raggio di sole
Sul prato verde.

da “La maggior parte del tempo” (1915-1922)

(Traduzioni di Roberto Nespola)

Jacques Lacan, Cécile Éluard, Pierre Reverdy, Louise Leiris, Zanie Aubier, Pablo Picasso, Valentine Hugo, Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre, Albert Camus

Una risposta a “Omaggio a Reverdy”

  1. Non ci sono dubbi: Reverdy è un grandissimo poeta!
    Ma, di sicuro, la tua Traduzione apre la sua “ferita” porta al Pensiero:
    difatti, traspare una certa chiarezza e spontaneità mortale: “preferisco la morte l’oblio la dignità”
    oppure “Dietro una porta un uomo canta” ecc. ecc.
    Ma quello chi mi ha particolarmente colpito, ahimé, è la “difficile leggerezza”
    che ha permesso alla Lirica di passare il “negro” scettro alla Prosa –
    che riesce ad apparire benissimo a se stessa!
    Senza metafora, senza compromesso, ecco.
    In conclusione:
    bisgona restar vivi specie nell’ultimo fuoco!

    PRIMO COLASANTI

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