Medardo Rosso: luce, sogno e materia

Medardo Rosso al lavoro nel suo studio (1890)

Materia rimemorante che si lascia dimenticare, quella di Medardo Rosso: un labile sogno della materia che, nel sogno, cede il passo alla fragilità della memoria (che è fragilità della forma, ossia dell’esistenza).
Un po’ a contrasto e un po’ in simbiosi, mi tornano alla mente queste parole di Manganelli (a proposito di Gaudì): “Intendo dire che tutto è di carne, nient’altro, e che ha la furbizia, la malizia, il tedio di sé, la malattia intrinseca, la voglia di non essere, la brama di assenza, la corruzione, la smania di sognare, infine la speranza di disincarnarsi che è di tutta la carne.”

L’artista coi suoi “strumenti di tortura”, coi suoi scalpelli e i suoi bulini, cerca l’antimateria nella materia stessa; cerca nella materia solo una superficie lirica che possa accogliere il potere della luce/ombra di dare forma e senso alla visione, al sogno.

Roberto Nespola

Aetas Aurea, 1884-1885
Carne altrui, 1883-1884
Nudo di donna sdraiato visto di schiena Disegno a matita grassa nera e grafite con intervento di sostanza oleosa su carta vergellata antica