di Roberto Nespola
κορυφὰς ἐτέρας ἐτέρηισι προσάπτων
μύθων μὴ τελέειν ἀτραπὸν μίαν
Empedocle[1]
Il tempo non ha
il senso del sublime:
cadavere stonato.
***
Angelo meccanico,
una mano lava l’altra:
l’inchiostro è asciutto.
***
Avere polso
davanti al volto dell’Idra
non è misura.
***
Nella fredda polvere, l’erba
è più sottile del vento.
Voce fatua.
***
Lunghe radici
in un giro di danza:
παίδων ἀθύρματα[2].
***
anime vampire
bevono il mio sangue
lì si stampa “La morte
di Dio”
***
Per questo delirio ozioso
l’infanzia è una morte sdentata.
Anche la polvere è merce.
***
la pioggia è analfabeta
l’inferno e il purgatorio
tra una virgola e un punto
***
un seme nella pietra
quando l’acqua è lontana
le mani della ragione
***
è una carta enorme
lo sguardo nel dubbio
dell’assurdo
***
Un sonno astratto
mi divide le viscere.
Il risveglio in un dialogo
qualunque.
***
Una chitarra
Distrazione il perdono
Nasce l’attesa
***
Un volto del possibile:
il telefono non ha dita,
non ha grembo il rifiuto.
***
Computare il caso:
di chiacchere a misura
una scacchiera.
***
un cielo d’alcool
caste vene in scatola
la gamba è cava
***
in un catalogo
impolverare il silenzio
di gesti lunari
***
Ho gli occhi in fiamme.
Il tempo è un’impagliata
carezza di mosca.
***
prima del sasso
si consuma nel pozzo
l’erba del fondo
¬·
fiorisce un sillogismo
nel muro consunto
***
se spingo l’uovo
del diavolo ciondola
l’indifferenza
***
toccata dal plettro
la testa non suona
origine del vetro
***
sempre macchiato
di bisturi l’odore
dell’universo
***
Pioggia di donne
nude, mattone
svuotato. Si fa sera.
***
la foglia è un argine
all’infinita
geometria del libro
***
la scena di un film
in cui si paga l’affitto
***
ubriaco di sudore
mordo il lievito
della demenza
***
la chiarezza metallica
di ciò che, disperso,
disfa la macchina
***
obliqua parola
s’addensa in una ruga
che nell’ombra sgorga
***
il battito esatto della corda
il cerchio flessibile dello zero
la semina del dieci
.
. .
. . .
. . . .
τετρακτύς (tetrattide)
***
è una presenza
quel grumo d’origine
patto d’incendio
***
medesimo disegno
il ricamìo d’una spirale
d’una forma qualunque
***
ma dietro il pane
la guancia sempre vuota
sigilla il vizio
***
tastando il polso
ascolto la bandiera
svelta sbocciare
***
senza cervello
spogliare le radici
dell’Addio
***
poltrire in carne
filologicamente
***
dolce sudario
la cantilena
tenera del sorriso
crepita attorno
ad ogni dialettica
di morte
***
danza la vite
su ingravidate unghie
d’abitudine
***
Tanto esistere,
occhiaie passo passo,
vale insistere.
***
interroga il pesce
l’assenza di cristallo
d’ogni sintassi
***
Piangere il morto:
errore e miracolo;
metabolismo
del sonno.
***
vita di larva
scarabocchio sconnesso
cavarne qualcosa
***
scaldare, perplesso,
la voce d’una spina
***
Faconda carezza
sotto l’inesistente
tovaglia –
è disperazione.
***
urschrei dissacrato
genealogia d’un click
chissà che graffio
***
voce acrobata
lo sconcio d’un’altr’alba
spesso contrasta
(indifferente)
***
l’ustione d’un lapsus
¬·
sintetico calembour
¬·
iter disseccato
***
nel tuo marasma
sorto d’orbite vuote
un coccio è forma
***
un graffito in autostrada
***
foglio in valigia
con difforme grafia
feto di giglio
selvatico
***
linfa di labbra
liquore di medusa
nesso deforme
***
la smorfia d’una
pianola fantasma
con abat-jour
***
direttamente
dalla voglia di piangere
deriva il mio sonno
***
bianca girandola
estasi escrementizia
***
rilegatura:
un albero di crepe
a capofitto
***
io, salamandra
orecchio spalancato
la bocca vuota
***
Orrendo canta
il rospo in un’ampolla,
a metronomo.***
Cacografia
d’un angolo lontano:
dente cariato.
***
Verbo, sibilo
di lama castrante
da un coro di rasoi.
***
Anche la tua voce
scioglie l’iceberg di sabbia
dell’infrasuono.***
L’arco del tunnel:
una finestra nel muschio,
disincantando.
***
melopea d’uno squillo
eccetera
…e miopia di Lacan
[1] Congiungendo l’una all’altra le cime dei discorsi
non percorrere compiutamente un solo sentiero (versione di Angelo Tonelli).
[2] “Giochi di fanciulli” (Eraclito)