Arnold Schoenberg, Quattro lieder op.22

I.

[Ernest Dawson, Seraphita (nella traduzione tedesca di Stephan George)]

Erscheine jetzt nicht, traumverlornes Angesicht,

Mir windverschlagen auf des Lebens wilder See –

Sei meine Fahrt auch voll von finster Sturm und Weh:

Hier – jetzt – vereinen oder küssen wir uns nicht!

Sonst löscht die laute Angst der Wasser vor der Zeit

Das helle Leuchten, deines Angedenkens Stern,

Der durch die Nächte herrscht – bleib von mir fern

In deines Ruheortes Heiterkeit!

Doch wenn der Sturm am höchsten geht und kracht

Zerrissen See und Himmel. Mond in meiner Nacht!

Dann neige einmal dem Verzweifelten dich dar.

Lass deine Hand (wenn auch zu spät nun) hilfbereit

Noch gleiten auf mein fahles Aug und sinkend Haar

Eh grosse Woge siegt im letzten leeren Streit!

***

(versione originale)

Come not before me now, O visionary face!

Me tempest-tost, and borne along life?s passionate sea;

Troublous and dark and stormy though my passage be;

Not here and now may we commingle or embrace,

Lest the loud anguish of the waters should efface

The bright illumination of thy memory,

Which dominates the night; rest, far away from me,

In the serenity of thine abiding-place!

But when the storm is highest, and the thunders blare,

And sea and sky are riven, O moon of all my night!

Stoop down but once in pity of my great despair,

And let thine hand, though over late to help, alight

But once upon my pale eyes and my drowning hair,

Before the great waves conquer in the last vain fight.

***

(traduzione di Isa Tamagnini )

Non apparire, adesso, perduto volto di sogno! Da me, in balia

d’ogni tempesta, sbattuto per i furiosi mari della vita.

Incerta che sia, scura e tempestosa la traversata,

non fonderci qui e ora, o abbracciarci possiamo

la chiara luce del tuo ricordo

che domina la notte; riposa, da me lontana

nella quiete del tuo luogo eterno!

Ma quando al colmo è la tempesta e risuona il tuono,

mare e cielo lacerati, o luna di tutte le mie notti!

solo una volta chinati pietosa alla mia disperazione,

posa la tua mano, anche se tardi, una volta ancora sui

miei occhi acquosi e capelli d’affogato, prima che le

grandi onde vincano l’ultima inutile battaglia.

II.

[Rainer Maria Rilke, Das Stundenbuch, in Das Buch von der Pilgerschaft, no. 15]

Alle, welche dich suchen, versuchen dich.

Und die, so dich finden, binden dich

An Bild und Gebärde.

Ich aber will dich begreifen,

Wie dich die Erde begreift;

Mit meinem Reifen

Reift

Dein Reich.

Ich will von dir keine Eitelkeit,

Die dich beweist.

Ich weiß, daß die Zeit

Anders heißt

Als du.

Tu mir kein Wunder zulieb.

Gib deinen Gesetzen recht,

Die von Geschlecht zu Geschlecht

Sichtbarer sind.

***

(traduzione di Vincenzo Errante)

Il Libro d’ore – Il libro del pellegrinaggio

Chi ti cerca, mio Dio, saggiarti intende.

E chi ti trova, ti collega ognora

a un’immagine, a un gesto.

Io ti voglio comprendere, Signore,

così come la terra ti comprende.

Con il mio stesso maturar, matura

il Regno tuo.

Non pretendo da te superbe gesta,

a comprovarti.

Io so che il Tempo ha un ben diverso nome

dal nome tuo.

Non operar, per me, prodigio alcuno!

Ottémpera soltanto alle tue leggi,

che van di padre in figlio disvelandosi

sempre più chiare ai nostri sguardi, Dio!

III.

[Rainer Maria Rilke, Das Stundenbuch, in Das Buch von der Armut und dem Tode, no. 3 ]

Mach mich zum Wächter deiner Weiten,

Mach mich zum Horchenden am Stein,

Gib mir die Augen auszubreiten

Auf deiner Meere Einsamsein;

Laß mich der Flüsse Gang begleiten

Aus dem Geschrei zu beiden Seiten

Weit in den Klang der Nacht hinein.

Schick mich in deine leeren Länder,

Durch die die weiten Winde gehn,

Wo große Klöster wie Gewänder

Um ungelebte Leben stehn.

Dort will ich mich zu Pilgern halten,

Von ihren Stimmen und Gestalten

Durch keinen Trug mehr abgetrennt,

Und hinter einem blinden Alten

Des Weges gehn, den keiner kennt.

***

(traduzione di Vincenzo Errante)

Il Libro d’ore – Il libro della Povertà e della Morte

Fammi custode degli spazii tuoi!

Fa’ che parli la pietra, ed io l’ascolti:

che pel deserto de’ tuoi mari irrompa

lo sguardo mio; ch’io mi accompagni al corso

de’ fiumi tuoi, dall’urlo delle sponde

dentro l’eco sonante della notte.

Esule fammi per le incolte lande,

cui batton vasti aneliti di vènti;

ove s’ergono al cielo immensi chiostri,

di non vissute vite arcani invogli.

Qui mi terrò, coi pellegrini, anch’io:

non più distolto, per veruno inganno.

Mi avvierò dietro un vegliardo cieco

lungo un sentiero che nessuno sa.

IV.

[Rainer Maria Rilke, “Vorgefühl”, from Das Buch der Bilder]

Ich bin wie eine Fahne von Fernen umgeben.

Ich ahne die Winde, die kommen, und muß sie leben,

während die Dinge unten sich noch nicht rühren;

die Türen schließen noch sanft, und in den Kaminen ist Stille;

die Fenster zittern noch nicht, und der Staub ist noch schwer.

Da weiß ich die Stürme schon und bin erregt wie das Meer.

Und breite mich aus und falle in mich hinein

und werfe mich ab und bin ganz allein

in dem großen Sturm.

***

(traduzione di Vincenzo Errante)

Io son come la piccolo bandiera

tra i comignoli eretta,

cui circonda lo spazio remoto.

M’è presagio dei vènti che vengono:

e tutti io li vivo,

già prima che, sotto, le cose

abbian palpito e moto.

Ancóra si schiudono piano

le porte;

ancor nelle gole

di tutti i camini è silenzio;

né tremano i vetri;

e la polvere è greve.

Io so già la tempesta.

E son come un mare agitato.

E mi spalanco, e mi chiudo,

mi torco, mi getto, ricado,

e son tutto solo

per entro l’immenso uragano.

***

Qui Schoenberg usa una scrittura molto simile a quella dell’Erwartung ma con un’attenzione ancora maggiore alla linea (la partitura è infatti scritta su tre o quattro pentagrammi -raramente cinque-). Questo non implica affatto un abbandono del contrappunto, tutt’altro: c’è in questa serie di lieder un intarsio mirabile di cellule motiviche che si espandono e si incastonano in un tessuto timbrico sempre trasparente e densamente alchemico. È un’alchimia che segue come un sismografo tutti i più intimi moti del testo e che, come in un prisma, li accoglie e li amplifica a dismisura; creando anche dei contrappunti emotivi. Prisma e caleidoscopio.

La densità accordale con la quale vengono raggruppati le famiglie degli strumenti mi ha fatto pensare ad un organo e ai suoi registri. Ma anche ad un gigantesco organo di barberia, enorme e spettrale.

Roberto Nespola