Tradotte dal francese da Roberto Nespola
VERSIONI DA:
Una rosa in fondo alla testa, quale oscura maniera di morire. Un profumo di sangue intorno alla fredda camicia, la bocca piena d’aria, e la memoria che fa eco alle voci presenti. Là dove è assiso, egli brilla di tante molecole vive, di tanto idrogeno, tanta seta scivolata dalle spalle verso il basso. Egli tocca là dove la rosa scaturisce. Fanciullo luciferino. Sua madre chiude ed apre d’intorno un torrente d’atomi sul suo viso. E la rosa inspirata che gli mozza il respiro dai polmoni alla gola. Egli si porta un braccio alla spalla, sudando, raggiante nel suo sonno. Brucia dove egli la tocca. Parlerebbe ad alta voce se solo il suo peso l’interrasse all’altezza delle voci. Egli vede la radiosa materia di cui è fatto il mondo. Con la lingua dolce di latte, la sua mano destra nell’agro impasto, ed il sesso immerso nella sorgente occulta. Questo dono che sconvolge il fanciullo ardente è leggero come il respiro, leggero come l’agonia. Una rosa in fondo alla testa. *** Infante sul ciglio dell’aria. Marcia tra i colori prodigiosi, tra le illuminazioni d’acqua, smeraldi esasperati, tra le porpore. Entra nella radura. La attraversa, interamente. È coperto di polline. Lo spasmo d’un gioiello che ruzzola, illuminato d’improvviso. La cicatrice sul torace è un’ arborescenza d’oro e di sangue. Vi si ubriaca uno sciame d’immagini stellari, rosse, estreme. Gli alveoli all’interno del nero rendono folle l’infanzia. Nelle sue dimore profonde, Dio attende che si dimostri il teorema perfetto e terribile. *** Batti il bosco rubino, batti la pietra dalla crepa spalancata ad esaltare la luna, batti là dove spumeggiano i fiumi che varcano le foci siderali. Ed il bosco si solleva, fiammeggia la pietra astrologica, l’acqua si racchiude nei suoi orci di lava. Batti i tuoi bui empori dalle alte atmosfere. Mentre io dormo, la mia bocca riluce di sangue. La cadenza lunare trasforma i miei sogni. Il mio volto si consuma. *** Arancia, peso, possanza. C’è chi sprofonda, s’appoggia, delicatezza, fredda abbondanza. La materia pensa. Il bosco si gonfia. Rischiara. Purifica uno zucchero così leggero che è come un graffio sulla lingua. Spazio illuminato in cui l’arancia guadagna sovranità. E dagli anelli d’una carne artesiana, l’oro sale alla testa. La piaga che noi tutti siamo: di mondo e d’invenzione. Arancia stordimento. Dolce demenza, strappata alla mostruosa innocenza della terra. *** Acque spasmodiche, lune riflesse nell’acqua. Non si sa se sono le lune visibili a palpitare del battito delle acque, oppure se sono le acque a palpitare per la forza delle lune agitate. E il mondo, lo specchio che le lune svegliano e dal quale le acque traboccano, sono io che lo contemplo, o è lui che mi contempla, o entrambi reciprocamente? Viviamo del potere delle immagini. Del sangue e dell’innocenza e del severo splendore e dell’increspatura compatta e della materia cardiaca e comune. - Di nome in nome passano in me i soffi. *** Il cuore del poema è amaro. In alto, la mano sinistra scatena una stella, l’altra mano, in basso, rimesta un pantano bianco. Le ferite che si aprono, si riaprono, la notte le cuce, le ricuce con un filo incandescente. Amaro. Il sangue non si ferma mai da una mano all’altra sapido, tra gli occhi, negli alveoli della bocca. Il sangue che si muove nelle voci magnificando l’oscuro dietro le cose, gli aloni nelle immagini di limatura, gli spazi implacabili che tu scrivi tra le meteore. Ricuciti: tu brilli nelle tue cicatrici. Proprio questa mano che tu muovi in aria e l’altra che biancamente lavora le superfici centrifughe. Amaro, amaro. Di sangue ed esercizio d’eleganza barbara. Fino a quando, seduto nel centro nero dell’opera, tu muori di luce compatta. Che in una radiazione d’elio esplodi della violenza oscura dei folli nuclei dell’anima. *** Ho praticato la mia arte di roseto: il freddo pendere di rose verso le mie dita illuminava le parole dall’alto. Le ho aperte verso l’interno lì dove il cuore era in nere capsule. Rose profonde, della profondità delle parole. Le ho trasfigurate. Nel laboratorio chiuso, ho cesellato la piaga meridiana di ciò che dimorava aperto. Ho scritto l’immagine cicatrice d’un’altra immagine. La mano sperimentale s’alterava al servizio scritto delle voci. Il sangue circondava il segreto. E nel profumo delle rose, dita su dita, questo: la breccia della carne, la morte per bocca. - Una frase, una ferita, una vita sigillata.