Leoš Janáček, Kát’a Kabanová: impressioni d’ascolto

L’ascolto di Kát’a Kabanová è un’occasione molto interessante per analizzare il fitto minio motivico della musica di Janáček e la sua forte interrelazione strutturale con il contesto ritmico e armonico.
Le sue sono cellule nel vero senso della parola, ossia elementi minimi che vengono a costituire un complesso organismo in continua metamorfosi; elementi organici basilari dai quali scaturiscono non solo i temi o i motivi conduttori ma anche le armonie, gli ostinati di sottofondo, gli accompagnamenti e, in un certo senso, anche il ritmo: ogni elemento o frazione di esso può scambiarsi di funzione ed essere ora l’uno ora l’altro, in un continuo pullulare combinatorio di elementi diversificati e imparentati allo stesso tempo. Differenza e ripetizione, per dirla con Deleuze. Tutto è vivente in questa musica, tutto è parte di una struttura organica, struttura che trova il suo elemento vivifico non solo nel suono ma anche e soprattutto nella conformazione fonetica stessa della lingua ceca. Il ritmo in Janáček prende forza dalla scansione fonica della lingua e riesce a diventare metro musicale, anche qui attraverso cellule e ostinati variamenti interconnessi. La sensibilità formale di questo compositore si nutre, dunque, di fonemi e le cellule che utilizza nelle sue partiture hanno sia proprietà espressive che descrittive, sia proprietà esornative che funzionali (anzi, in direzione meramente espressiva, direi che l’esornativo e il funzionale quasi si equivalgono); prendono forma tanto dai suoni della lingua quanto dall’ambientazione, tanto dall’azione quanto dai moti dell’anima (chiamiamola pure psicologia dei personaggi).
Il materiale armonico, come hanno messo in evidenza molte analisi, pare sia spesso preso da scale ottatoniche, oltre che modali e tonali – in linea diretta con la tradizione russa (Stravinskij e Rimsky-Korsakov in primis).
Opera densa sotto ogni punto di vista, e ricchissima di sfumature e di elementi d’interesse.
L’unico elemento che non mi ha entusiasmato e la riduzione e ricombinazione che Janacek fa del dramma di Ostrovskij. Troppi tagli che riducono i personaggi secondari a mere figure di contorno a sagome, a quinte davanti alle quali si staglia la figura di Katja. Ma in questo modo anche la figura della stessa protagonista credo ne soffra.

Roberto Nespola