Suor Angelica di Puccini e Il Prigioniero di Dallapiccola al Teatro dell’Opera di Roma

O toi dont je reste interdit,
J’ai donc le mot de ton abime.

Villiers de l’Isle-Adam, Réveil*

Con il “pannello” Suor Angelica – Il Prigioniero si sta chiudendo in questi giorni, al Teatro Costanzi di Roma, il curioso progetto “Trittico ricomposto” ideato da Michele Mariotti in occasione del centenario della morte di Puccini e in collaborazione con il Festival Puccini di Torre del Lago. Negli scorsi anni Gianni Schicchi con L’Heure Espagnole di Ravel e Il Tabarro con Il Castello del Duca Barbablù di Bartók.
“L’idea del Trittico scomposto -spiega Mariotti- è nata con l’obiettivo principale di rendere omaggio alla dimensione moderna di Puccini, sottolineandone il ruolo attivo all’interno della grande corrente del Novecento europeo. […] Il confronto ravvicinato con altri geni del Novecento vuole essere una via per premiare la stupefacente indole visionaria di Puccini e rimarcare la cifra internazionale della sua produzione”.
Lo scopo, dunque, è quello di mettere in evidenza la modernità di Puccini compositore, considerando -comunque- che quella della modernità è una questione assai spinosa e che, posta in questi termini, rilevi più che altro le carenze d’una concezione teatrale e narrativa sostanzialmente ancora legata al sentimentalismo borghese ottocentesco, anche se condito con qualche prodigio timbrico e armonico (sempre assai mirabile), come se Puccini avesse qualche orrendo peccato da scontare in questo modo. Io credo, invece, che Puccini vada preso così com’è: un abilissimo orchestratore, di grandissima sapienza musicale e istinto teatrale ma profondamente legato ad una tradizione che, pur se sicuramente illustre, nel secolo di Bartók, Debussy, Ravel, Schoenberg, Hindemith… comincia a non essere più al passo coi tempi (neanche se “imbellettata” di modernismi). In lui presente e passato convivono saldamente e si danno reciprocamente sostegno.
Per questo motivo i confronti che si sono messi in scena in queste tre stagioni, con tutto il nodo complesso di contrasti e analogie, hanno patito spesso l’eccesiva diversità di concezioni drammaturgiche ed estetiche piuttosto lontane fra di loro. Con Dallapiccola, poi, le differenze oltre che narrative e drammaturgiche sono anche di linguaggio musicale. In effetti Il Prigioniero è stato completato ben trent’anni dopo Suor Angelica ed è stato scritto con una tecnica musicale e secondo principi estetici assai diversi. Forse il confronto sarebbe stato più fruttuoso con la Sancta Susanna di Hindemith (com’era stato progettato in un primo momento).
Considerando anche che l’aria di Suor Angelica “Amici fiori voi mi compensate”, tra le cose più moderne e visionarie di Puccini, non è stata reintegrata nella partitura. È vero che si tratta d’un’aria che Puccini espunse subito dopo la prima rappresentazione, perché interrompeva e “sviava” troppo l’azione, ma è pur vero, anche, che la sua modernità e visionarietà delirante sarebbe stata un altro e ottimo punto di paragone con la musica di Dallapiccola. Davvero strana quest’assenza, anche perché il testo di quest’aria è stata riportato nel libretto riprodotto nel programma di sala.
Comunque, fare appello a qualche elemento tratto dalla trama delle due opere mi sembra un filo troppo esiguo (per non dire superficiale) da poterci imbastire un dialogo proficuo tra i due compositori. Certo la dodecafonia di Dallapiccola non manca di dolcezze e reminiscenze tonali – e neanche di riferimenti all’opera italiana (Verdi e Puccini stesso) ma il suo particolare simbolismo che incarna la metafisica del suono nel dolore della Storia e dell’esistenza prevede una drammaturgia assai diversa da quella di Suor Angelica.
Nonostante tutte queste difficoltà di carattere estetico, non si può non lodare la lettura analitica di Michele Mariotti, bravissimo nel dar risalto a tutti i dettagli armonici, timbrici ed espressivi delle due partiture senza mai perdere d’occhio l’armoniosità dell’insieme. Anche la regia non manca di punti d’interesse, soprattutto nelle scene.

Roberto Nespola

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